Pacchetto Omnibus, quali conseguenze per gli attori del mercato

FundsPeople ha interrogato uno studio legale, una società di gestione e un data provider ESG per capire, insieme al punto di vista degli esperti e degli attori finanziari, quali potrebbero essere gli impatti della “semplificazione” voluta dalla Commissione europea. L'articolo Pacchetto Omnibus, quali conseguenze per gli attori del mercato proviene da FundsPeople Italia.

Mar 5, 2025 - 12:45
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Pacchetto Omnibus, quali conseguenze per gli attori del mercato

Lo scorso 26 febbraio la Commissione europea ha pubblicato il primo pacchetto Omnibus. Un passaggio che, nelle mire di Bruxelles, ha l’obiettivo di semplificare l’apparato normativo in materia sostenibile messo in campo negli ultimi anni e, al contempo, rendere più competitivo il mercato europeo. “Con il pacchetto di semplificazione Omnibus, la Commissione mira a intervenire su CSRD, CS3D e Tassonomia UE”, specificano Carlo Impalà, partner e responsabile del Dipartimento TMT e Data Protection, e Jun Jie Yang, junior associate, TMT e Data Protection dello studio Morri Rossetti & Franzosi interpellati sul punto da FundsPeople. Tra i temi portati all’attenzione dagli esperti, la proposta relativa alla CSRD, con la possibilità di differire l’applicazione degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità fino al 2028. “Questo rinvio – rimarcano – darebbe alle imprese più tempo per adeguarsi agli ESRS”. Impalà e Yang sottolineano poi che il Pacchetto introdurrebbe “una versione semplificata della rendicontazione per alcune aziende, riducendo il numero di indicatori richiesti e adottando un approccio più flessibile, basato sulla materialità dei dati”.

Asimmetrie informative

Sebbene queste misure mirino a evitare oneri sproporzionati per le PMI, continuano gli esperti, “il rischio è che una differenziazione nei requisiti di disclosure crei asimmetrie informative, compromettendo la trasparenza del mercato”. Anche la CS3D potrebbe subire modifiche rilevanti: “Il Pacchetto limiterebbe la responsabilità diretta delle imprese ai soli fornitori diretti, salvo l’individuazione di rischi specifici lungo la catena di fornitura. Questa semplificazione ridurrebbe l’onere per le aziende, ma potrebbe indebolire il controllo su pratiche non sostenibili”. E infine, con la revisione della Tassonomia che punterebbe a rendere più chiari i criteri di accesso, “alcuni settori industriali, precedentemente esclusi per il mancato rispetto di soglie restrittive, potrebbero qualificarsi come sostenibili”.

Una “traiettoria sostenibile”

Le proposte di modifica risultano rilevanti, affermano gli esperti, “tuttavia, l’approvazione del Pacchetto rimane incerta”. Per questo motivo, “i soggetti coinvolti dovrebbero adottare un approccio strategico e proattivo, evitando di rimanere immobili, in attesa di un quadro normativo definitivo. È opportuno, infatti, che le imprese concentrino gli sforzi su una solida strategia di sostenibilità: definire una traiettoria sostenibile potrebbe permettere di anticipare i cambiamenti normativi, riducendo il rischio di inazione e di non conformità e garantendo al contempo una progressiva armonizzazione con i futuri sviluppi legislativi”.

Evitare il rischio greenwashing

Secondo Riccardo Ceretti, responsabile Direzione Innovaction LAB di Arca Fondi SGR, “l’intento di semplificare il quadro normativo e ridurre gli oneri amministrativi per le imprese è un segnale positivo per il sistema economico e finanziario europeo, con il potenziale di liberare nuove risorse per la transizione ecologica e digitale. Tuttavia, è essenziale garantire che questa semplificazione non comprometta la qualità e la trasparenza delle informazioni fondamentali per gli investitori sostenibili”. L’esperto presenta il punto di vista di una società di gestione con una forte connotazione ESG e indica come la stessa SGR accolga “con favore”, la volontà di ottimizzare i meccanismi di finanza sostenibile e rendere più proporzionati gli obblighi di due diligence, “ma riteniamo che sia necessario mantenere un quadro normativo stabile e prevedibile per evitare il rischio di greenwashing e per dare continuità agli investimenti nella transizione verde”.

Valutazione degli impatti “più complessa”

Dal punto di vista della gestione dei fondi di matrice sostenibile, “la revisione degli obblighi di rendicontazione CSRD e della Tassonomia UE potrebbe infatti avere un impatto rilevante”, sottolinea Ceretti. “La riduzione dell’ambito di applicazione della rendicontazione ESG potrebbe tradursi in una minore disponibilità di dati standardizzati, rendendo più complessa la valutazione di impatti ambientali e sociali nelle strategie di investimento”. Per un asset manager come Arca Fondi SGR, che integra criteri ESG nei propri processi decisionali, continua l’esperto, “la trasparenza resta un fattore chiave per garantire un’allocazione efficiente del capitale e il rispetto degli obiettivi di sostenibilità. Per questo motivo, continueremo a lavorare per assicurare che i nostri fondi ESG possano contribuire efficacemente alla creazione di valore sostenibile”.

Incertezza normativa

Entra nel merito della “riapertura e la rinegoziazione di direttive recentemente adottate” Allegra Ianiri, research analyst  di MainStreet Partners indicando come questo potrebbe “generare incertezza normativa per le imprese e rappresentare una sfida per gli operatori che hanno già investito in infrastrutture di compliance e reporting sulla sostenibilità”.

La visione si focalizza, necessariamente, sul tema dei dati. “Le modifiche proposte potrebbero portare a una maggiore frammentazione dei dati per gli investitori, rendendo più complessa la valutazione del rischio e l'allocazione efficiente del capitale. Ciò potrebbe influenzare il ritmo degli investimenti necessari per la decarbonizzazione industriale e la crescita economica nell'ambito del Clean Industrial Deal”.

Quali effetti sulle valutazioni dei PAI?

Ianiri chiama in causa anche il “disallineamento tra il reporting sulla sostenibilità delle imprese e gli obblighi previsti dalla SFDR”, tema centrale per gli investitori. “L’esclusione di oltre l’80% delle società precedentemente soggette agli obblighi della CSRD potrebbe ridurre la disponibilità di dati ESG standardizzati e comparabili, aumentando la dipendenza da fornitori esterni per garantire valutazioni affidabili dei Principal Adverse Impact (PAI) e il reporting degli investimenti allineati alle tassonomie”.

L’esperta ricorda, infine, come anche le istituzioni finanziarie, tra cui banche e assicurazioni, necessitano di dati ESG coerenti “per integrare i rischi climatici e ambientali nelle valutazioni di adeguatezza e liquidità patrimoniale, come previsto dalle linee guida dell'Autorità bancaria europea (EBA) sull'integrazione del rischio ESG (2026 per le grandi banche, 2027 per le istituzioni più piccole)”.  La riduzione del reporting obbligatorio previsto dalla proposta Omnibus, conclude “potrebbe aumentare la complessità della compliance, rendendo le istituzioni finanziarie più dipendenti da stime”.

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