Oscar 2025, i vincitori: trionfa l’indipendente Anora. Migliori attori Brody e Madison. Il premio alla regia per Baker
Il regista americano premiato anche per la sceneggiatura: "Dico ai miei colleghi: fate film che si vedano nei cinema; dico ai distributori: concentratevi affinché i film escano in sala; dico ai genitori: portate i vostri figli a vedere i film in sala" L'articolo Oscar 2025, i vincitori: trionfa l’indipendente Anora. Migliori attori Brody e Madison. Il premio alla regia per Baker proviene da Il Fatto Quotidiano.

Agli Oscar 2025 trionfa il cinema indipendente e sprofonda nel baratro Emilia Perez. Anora di Sean Baker è il miglior film e vince anche altri quattro Oscar: regia, sceneggiatura originale e montaggio (sempre di Baker) e l’Oscar come miglior attrice a Mikey Madison. Seguono tre Oscar a The Brutalist di Brady Corbet: miglior attore per Adrien Brody, fotografia per Lol Crawley e colonna sonora per Daniel Blumberg.
Ebbene, Anora e The brutalist sono costati sei milioni di dollari il primo e a malapena dieci il secondo. Due titoli diversissimi tra loro, il primo una sorta di commedia con protagonista una sex workers, il secondo una tragedia sulla rinascita di un architetto in fuga dai campi di concentramento nazisti, ma entrambi prodotti fuori dal circuito delle major. Tanto che i due registi nei giorni scorsi avevano lamentato proprio la difficoltà a campare con i ricavi del lavoro derivanti dai loro film. Non che attorno avessero corazzate prodotte dai grandi studios, ma il blockbuster Wicked si è fermato a due Oscar (costumi e production design), Dune 2 a due (suono ed effetti visivi) e A complete Unknown della Searchlight a zero.
Clamorosa inoltre la batosta subita da Emilia Perez che con 13 nomination e i favori di molti pronostici fino a un mese dalla cerimonia porta a casa soltanto due Oscar: uno per la miglior canzone (El Mal) e l’altro per l’attrice non protagonista, Zoe Saldana. Travolto dalle polemiche sorte attorno ai tweet razzisti ripescati dal passato social dell’attrice protagonista, la prima trans della storia degli Oscar, Karla Sofia Gascon, il film diretto dal francese Jacques Audiard è finito in poche settimane dalle stelle (Gascon aveva l’Oscar in tasca e il film pure) alle stalle. Del resto la Gascon non ha fatto il red carpet nemmeno fosse un’appestata ed è stata inquadrata una volta, manco fosse un’estranea, quando il presentatore della serata Conan O’Brian, che buttandola sul ridere si è rivolto a lei dicendole: “Se pubblichi un tweet sugli Oscar ricordati che mi chiamo Jimmy Kimmel”.
Torna a casa con un solo Oscar (sceneggiatura non originale) anche Conclave: altro film che puntava su un sensazionalismo legato alle tematiche di genere (nella fitta calca di pugnalate tra cardinali in conclave viene eletto un papa con le ovaie). Splendido e altamente indipendente anche l’Oscar vinto come Miglior d’animazione da Flow, film diretto dal 30enne lettone Gints Zilbalodis che ha stracciato la Pixar di Inside Out 2. Zilbalodis ha dedicato la vittoria ai suoi “cani e gatti”, ricordando che “siamo tutti sulla stessa barca e che dobbiamo superare le differenze lavorando insieme”, proprio perché Flow racconto ciò che accade su una barca di legno dove si rifugiano animali diversi tra loro dopo un diluvio universale. L’Oscar come attore non protagonista è andato a Kieran Culkin per A real pain, mentre anche The substance esce con le ossa rotte, soprattutto per non aver visto Demi Moore premiata come miglior attrice, mettendo in bacheca l’ovvio Oscar per il miglior trucco. Nella casella Miglior Film Internazionale ci è finito il brasiliano Walter Salles ha ritirare l’Oscar per il suo I’m still here.
La cerimonia dei 97esimi Academy Awards si è rivelata alquanto moscia. Il red carpet è stato seguito, in diretta da Rai1, verso il fondo e con una certa fretta, anche se abbiamo potuto salutare Timothée Chalamet in completino giallo limone e Isabella Rossellini giunta al Dolby Theatre di Los Angeles con un vestito Blue Velvet “dedicato a David Lynch” firmato Dolce&Gabbana. Rossellini indossava anche gli orecchini che portava mamma Ingrid Bergman quando vinse l’Oscar nel 1975 come attrice non protagonista in Assassinio sull’Orient-Express.
La conduzione di O’Brian non ha mai preso quota, tanto che dopo un’oretta è cominciata la frenetica osservazione dell’orologio. È stato Sean Baker a dare una piccola scossa al primo Oscar vinto (quello per la sceneggiatura). Il sempiterno cineasta indie ha ringraziato le sex workers per aver condiviso tempo con lui per preparare il film è di provare “rispetto” per loro. Anora è, come altri titoli di Baker, incentrato su una ragazza che fa la spogliarellista e poi la escort per il figlio di un oligarca russo di New York. Curioso, peraltro, che proprio nell’era Trump seconda vinca un film pieno di russi e di tradizione russa per oltre tre quarti di film.
Sono stati poi Daryl Hannah con il suo urlo Slava Ukraini e i registi israelo-palestinesi di No other land a screziare di politica la serata. Zoe Saldana, l’avvocatessa corrotta dal boss del narcotraffico in Emilia Perez, ha raccolto in lacrime il suo Oscar ricordando che è figlia di immigrati domenicani giunti negli Stati Uniti nel 1961 e che è la prima attrice di origine dominicana a vincere un Oscar “e non sarà l’ultima”. Aria frizzantina si è respirata in quei pochi istanti in cui è salito sul palco Mick Jagger per premiare la miglior canzone originale.
Un paio di “uh, uh”, due colpi di anca e via di omaggio di Morgan Freeman a Gene Hackman, di un bacio sulla bocca di Brady Corbet al suo compositore Daniel Blumberg che si dirigeva sul palco per ritirare l’Oscar e infine del discorso fiume di Adrien Brody. L’attore doppia quindi l’Oscar come miglior attore protagonista ottenuto nel 2002 con Il pianista. Prima di salire sul palco si accorge che sta masticando ancora un chewing-gum e non sapendo dove metterlo lo lancia verso la moglie in prima fila che lo raccoglie al volo. “Grazie a Dio per questa vita benedetta”, esclama Brody. “Il lavoro dell’attore da fuori sembra glamour, ma è profondamente fragile, tutto può da un momento all’altro svanire”, continua riferendosi al fatto che dopo il suo primo Oscar la sua fama si era un po’ appannata. Poi in conclusione ha ricordato che “bisogna pregare per un mondo più inclusivo”, e proprio ricordando l’architetto ex deportato protagonista di The Brutalist, simile al protagonista di Il pianista, “il passato può e deve insegnarci qualcosa, sempre”. È stato infine Sean Baker, premiato quattro volte, ma con in mano l’Oscar alla regia consegnatogli da Quentin Tarantino, ad esaltare il valore della sala cinematografica: “Dico ai miei colleghi: fate film che si vedano nei cinema; dico ai distributori: concentratevi affinché i film escano in sala; dico ai genitori: portate i vostri figli a vedere i film in sala”.
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