“Mille Voci” di EneDo: la musica che rompe il silenzio sugli abusi

Una storia vera, una canzone necessaria: con “Mille Voci” EneDo dà voce a chi ha subito abusi, trasformando il dolore in resistenza e musica. L'articolo “Mille Voci” di EneDo: la musica che rompe il silenzio sugli abusi proviene da Globalist.it.

Mag 13, 2025 - 13:20
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“Mille Voci” di EneDo: la musica che rompe il silenzio sugli abusi

di Alessia de Antoniis

C’è un momento nella vita in cui la voce smette di tremare e inizia a cantare. È accaduto a Edoardo, che ha trasformato il dolore in coraggio. E a suo zio, Luciano Petroselli, che quel coraggio lo ha messo in musica.

In arte EneDo“Ene” da Enea, “Do” da Dominic, due figure importanti della mia famiglia racconta durante l’intervista — Luciano si avvicina alla musica alla fine degli anni ’80, ispirato dai grandi gruppi dell’epoca. Chitarrista autodidatta, ha esplorato diversi generi fino a debuttare nel 2022 con Cantando Dominic, a cui seguono Dinosauri, Maybe Get a Boy e La tua mano nella mia. Le sue canzoni sono su tutte le piattaforme digitali.

Nel 2024 arriva Mille Voci, un brano intenso e necessario, ispirato alla storia vera di suo nipote Edoardo, vittima di abusi sessuali da parte di un insegnante di religione, figura rispettata nella comunità di Tivoli. Da quella frattura nasce non solo una canzone, ma un’invocazione collettiva: rompere il silenzio, dare parola a chi non l’ha mai avuta, costruire ponti tra il trauma e la rinascita.

Mille Voci è oggi un tassello fondamentale del percorso di EneDo, che ha scelto la musica come strumento di giustizia, memoria e consapevolezza. Non solo una canzone, ma un inno, un richiamo a chi non ha ancora trovato il fiato per gridare. «La mia voce ha vinto le mie paure, ha chiuso le tue sbarre», canta EneDo, dando parola a chi è stato messo a tacere. Un veleno trasformato in medicina con la nascita dell’associazione No Child Abuse APS, fondata proprio grazie alla forza di Edoardo e delle famiglie coinvolte.

Cosa l’ha spinta a cantare un dramma familiare?

Non tanto il tema, ma proprio la natura personale delle canzoni. Spesso è molto più facile cantare i brani di altri. O affidare ad altri i propri testi. In questo caso, ho pensato a lungo e ho scelto di imposte la musica su un piano romantico, passionale. La parte strumentale richiama molto quella dimensione.

Qual è la storia dietro “Mille Voci”?

Tutto nasce da mio nipote Edoardo. Attraverso un suo modo di comunicare è riuscito a raccontare ai suoi genitori, mia sorella e mio cognato, di aver subito un abuso. La persona in questione era di famiglia: presidente dell’Azione Cattolica giovani, introdotto nella chiesa, insegnante di religione. Era inserito proprio negli ambienti con i più piccoli.

Intere nazioni affrontano questo problema, dagli Stati Uniti all’Australia. In Francia il rapporto CIASE parla di circa 216.000 vittime. Ma al di là delle buone intenzioni, non è stato fatto molto… Quanto è stato difficile rompere quel muro di omertà?

Molto. Il primo passo fu il tentativo dei miei parenti di scrivere al Vescovo. Mia sorella e mio cognato erano parte attiva del Movimento dei Cursillos. Ma il Vescovo non rispose. Silenzio assoluto. (Il Movimento dei Cursillos di Cristianità è un’iniziativa ecclesiale cattolica nata a Palma di Maiorca, in Spagna, nel 1944, grazie all’impegno di Eduardo Bonnin e di un gruppo di giovani dell’Azione Cattolica – nda)

Ma mia sorella e la sua famiglia non si sono fermati. Soprattutto Edoardo, che ha deciso di esporsi. I giornali e le TV sono intervenuti. Edoardo è andato in televisione, a viso scoperto. Ha portato con sé un amico della stessa parrocchia. Sono andati in varie trasmissioni. Mio nipote ha detto: “Perché dovrei vergognarmi? Io non ho fatto nulla di cui vergognarmi. È l’altro che dovrebbe nascondersi”.

Ma non vorrei approfondire ulteriormente, perché ci sono ancora delle indagini aperte.

Da qui nasce Mille Voci?

Sì. Credo che Edoardo, consapevolmente o meno, abbia mandato un messaggio a chi non ha il suo stesso coraggio. A chi pensa: “L’ho subito anch’io, ma come faccio a dirlo?”. C’è un verso che dice: “La mia voce ha vinto le mie paure, la mia voce ha chiuso le tue sbarre e sono vivo nei miei occhi, tu non mi hai ucciso.” È un inno alla resistenza e ad andare avanti.

Chi sono le Mille Voci?

Quelle nascoste. Quelle che ancora non parlano. Quelle che temono il diavolo vestito da santo.

Come fa un credente a rimanere in questa Chiesa dopo un abuso?

La domanda è importante, ma la risposta è complessa. La fede non si basa su ciò che sai, ma su ciò che speri. Resti dentro perché il confronto con l’uomo ti porta sempre su terreni instabili. Non puoi sapere chi è davvero l’altro, finché non gli togli il cappuccio. Dal mio punto di vista siamo tutti dentro. Non c’è un “fuori”. Le Mille Voci chiamano proprio a questo: la tua voce chiuderà le sbarre solo parlando. Così ridurremo questo problema enorme.

Secondo i dati della rete “L’Abuso”, le vittime in Italia negli ultimi 25 anni sono 4.500. È una cifra realistica?

4.500 è nulla, è niente. Questi numeri rappresentano solo la punta dell’iceberg; molti casi non vengono neanche denunciati

Un adulto ha alle spalle un percorso, una fede; può perderla, ritrovarla. Ma un bambino? Come reagisce un bambino?

Gli cambia per sempre la vita. Avrà sempre un’immagine distorta dell’altro.

Come è stata presa dalla vostra comunità la sua scelta di parlarne in una canzone?

Mille Voci è la voce di Edoardo. Non è la mia denuncia. Quando dico “vieni a cercare il bambino nel buio” è ciò che è successo. Ma non lo dico io. Non ho fatto che ripeterlo. L’ambiente già conosceva. L’impatto è forte perché è cantato. Ci metto la faccia anch’io.

Siete stati attaccati?

Io no. Ma la famiglia di Edoardo sì.

Sua sorella, madre di un figlio abusato da un prete, è rimasta nella fede?

Sì. Avere fede significa credere in ciò che speri. So che quello è malato, so che fa queste cose. Ma il mondo in cui credo è un altro.

Avete aperto la strada ad altri?

Sì. Qualcuno si è fatto avanti. Il processo si è allargato. Sono emerse altre due bambine. E è nata un’associazione.

Un’altra sua canzone è Mary. Che messaggio porta con sé?

Mary è un’Ave Maria rock. Una sorpresa. Gesù ha detto: “Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace”… non quella del mondo.

Ha detto anche: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”; non come voi vi amate. Forse aveva poca fiducia in ciò che suo padre aveva creato?

Mary infatti sta con gli occhi sempre aperti, a vigilare. È quello che dobbiamo fare.

Come nasce in lei la voglia di usare la musica per temi sociali e civili?

Per gioco. Non sapevo più cantare, avevo dimenticato come si suonava la chitarra. Ma per un dolore molto forte ho ripreso. Dominic è mio nipote, figlio di mia figlia, che mi è stato nascosto; nessuno me l’ha presentato… Mia figlia non mi parla… Ho avuto la fortuna di conoscerlo quando aveva cinque anni. L’ho visto due o tre volte. Cantando Dominic è dedicata a lui.

Serve un coraggio enorme per non urlare, ma per cantare… E gli altri brani?

Dinosauri è nato pochi giorni dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Lì picchio forte. Chiamo tutto per nome e cognome.

The Joke: l’originale è di Brandi Carlile…Non riesco a definirla una cover, perché sia dal punto di vista strumentale sia per il testo, il brano è cambiato molto. È più un’ispirazione, anche se ho mantenuto alcune frasi forti, traducendole com’erano. Ad esempio, quel passaggio che parla del coraggio di una madre che attraversa il deserto con il proprio bambino sulla schiena… È di una forza incredibile.

La musica aggira meglio la censura di un libro o un intervento pubblico?

Sì. Per questo spero che i ragazzi tornino a canzoni che diffondono ideali. Io sono cresciuto con Bob Dylan, i Deep Purple, canzoni che hanno avuto un impatto sociale. Ne Il volo del soldato canto dei soldati fortunati, quelli che hanno la fortuna di tornare a casa. Penso alla guerra in Vietnam, quando moltissimi artisti hanno contribuito, con le loro canzoni, allo spegnimento di quei fuochi. Non voglio tornare indietro agli anni Settanta, credo si debba andare avanti, ma togliendo il turpiloquio dalle canzoni e rimettendoci valori e ideali.

In Mille Voci io non offendo neanche Mirko, il colpevole… (Mirko Campoli, 47enne di Villa Adriana, Tivoli (Rm) ex prof di religione e vicepreside all’istituto tecnico “Enrico Fermi” di Tivoli, segretario nazionale dell’Azione cattolica ragazzi, presidente dell’Azione cattolica della Diocesi di Tivoli, condannato per violenza sessuale su due ragazzini di 13 e 16 anni, oggi rispettivamente di 20 e 23 anni – rete L’Abuso)

Continuerà a scrivere canzoni che trattano di temi sociali?

Sto lavorando su nuovi brani che parlano di amore: tra fratelli, compagni, relazioni. Ma anche sulla guerra. Ho già scritto un testo, molto specifico, e temevo la censura. Il titolo è Ombre. Per ora l’unico dubbio è il titolo.

C’è bisogno di Mille Voci?

Sì, c’è bisogno ora più che mai.

E secondo lei ci sono anche duemila orecchie disposte ad ascoltare?

Nel mio caso no, non ancora. Mi sembra che sia più facile ascoltare banalità o menzogne. Tipo: Dobbiamo aiutare, io voto per la pace, quindi ti mando un fiore che spara come un cannone. Questa è una frase da un nuovo brano. Ed è esattamente questo il punto: se sei per la pace, perché partecipi alla guerra?

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