Melania, dammi la clava! E l’Europa si riarma, zuccheriere contro Putin

Avevamo detto che, come Economy, avremmo provato a spiegare se ha avuto ragione Trump a sbandierare il suo tabellone nel giardino della Casa Bianca con dentro scritti a caratteri cubitali i dazi che, secondo lui, la sua “Great America” subirebbe dal resto del mondo sulle sue merci o se ha detto un’altra fake news (perché […] L'articolo Melania, dammi la clava! E l’Europa si riarma, zuccheriere contro Putin proviene da Economy Magazine.

Apr 3, 2025 - 18:39
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Melania, dammi la clava! E l’Europa si riarma, zuccheriere contro Putin

Avevamo detto che, come Economy, avremmo provato a spiegare se ha avuto ragione Trump a sbandierare il suo tabellone nel giardino della Casa Bianca con dentro scritti a caratteri cubitali i dazi che, secondo lui, la sua “Great America” subirebbe dal resto del mondo sulle sue merci o se ha detto un’altra fake news (perché a sentire quello che hanno perso contro di lui, non avrebbe fatto altro in due mesi di presidenza che snocciolare fake news). Stanno uscendo numerosi fact-checking contro la “versione di Trump”, che come al solito ha pompato un topolino presentandolo come un elefante. Eppure…

Eppure, prendiamo il caso che c’interessa, i dati sull’Europa. Dai calcoli che iniziano a circolare emerge che per esempio quei dati, per quanto riguarda noi, includono l’Iva che la merce americana negli Stati Uniti non paga e che il biondone dalla clava facile invece sì: la considera una specie di dazio.

Ed eccoli lì, tutti gli economisti draghiani, montiani e prodiani a scandalizzari e a turarsi il naso difronte a simili volgarità. Dimenticano ad esempio che proprio loro – sì, loro-loro – hanno consentito all’Irlanda, al Lussemburgo, al Liechtenstein di essere paradisi fiscali, imponendosi un auto-dazio che lo stesso Draghi ha definito vosì, con senile autoironia. E l’Europa ha permesso questo sconcio non solo perché verosimilmente dai Paesucoli beneficiati saranno volate su molta parte della nomenclatura pluripartisan dell’Unione delle maxi-stecche-da-paura a vantaggio degli europatrioti permissivi – chi può negarlo, o dimostrarlo? – ma in nome di un principio nobile, la concorrenza fiscale tra Stati dell’Eurozona, per cui se l’Irlanda riesce a campare riscuotendo pochissimi tasse, prosit.

Peccato che a fronte di questa permessività fiscale che va nella schiena a Paesi come il nostro, l’Irlanda si ritrova oggi in casa gli headquarter europei di alcuni tra i più grandi gruppi mondiali che per quante poche tasse paghino, lì le pagano, oltre a portare ricchezza in mille altre modi.

E dunque, tornando a Trump, un’azienda americana che vende i suoi prodotti negli Stati Uniti a 100 dollari l’uno, se li vende in Italia se li vede aumentati a 102,7 per i dazi (secondo le interpretazioni più caute) e a 125 compresa Iva, un’Iva che non potrà scaricare in patria dal suo imponibile fiscale, semplicemente perché lì non esiste una tassa come l’Iva, e non può che essere considerata come un costo a carico dell’esportatore. Alla fin fine, dice Trump, che si chiami Iva o che si chiami Franceschina, sono sempre soldi che il consumatore italiano deve sborsare per avere il prodotto americano, ma che non vanno al produttore americano bensì all’erario pubblico italiano. Guarda caso, proprio come un dazio.

Ma questo è niente. Neandertal-Men-Trump sta mandando ai matti tutti gli schemi di gioco. Improvvisamente l’intellighenzia europea, che ha combinato disastri pari a quelli americani se non maggiori dalla crisi dei derivati (2008) e poi da quella del debito (2011) in qua, si trova spiazzata da un Comandante in Capo che ridicolizza anche le statistiche economiche, le rifrulla come gli pare, le straccia, e sono le stesse statistiche dalle cui labbra brufolose pendono i mercati, vedi alla voce Moody’s, Standard & Poor’s o Fitch, ma perché no anche Banca Mondiale e Fondo Monetario, oggi tutti sotto la nuova giurisdizione Usa che dimostra chiaramente di non curarsi di loro, mentre continuiamo a curarcene noi! Con tutti i big della finanza americana che comandano qui – pensiamo solo al fondo Kkr, nuovo padrone della rete telefonica italiana! – e pendono dalle labbra trumpiane al punto da aver buttato alle ortiche anni di gnagnera buonista sul clima e sull’inclusione con una faccia talmente tosta da non riuscir nemmeno a diventare rossa, non essendo più verde.

E poi mettiamo il dito nella piaga: la guerra in Ucraina. E’ chiaro che Putin sta menando Trump per il naso. Se L’Antenato Tred-Trump non riesce a brandire la clava che gli passa Melania-Wilma come si deve – ve lo ricordate il cartoon degli Antenati, vero? – rischia una figura palta planetaria. Ma è giusto che se la vedano tra loro, i due energumeni, meno s’impiccia l’Europea meglio è. Meglio per il mondo, s’intende: e in questo senso bene fa la Meloni, a restare in modalità pesciarola-in-barile. Schierarsi contro gli Stati Uniti significa ad esempio che nei prossimi 5 anni, intanto che Rearm Europe a fatto sapere che si impegnerà a trasformare gli esercitucoli italiani in qualcosa di diverso dai soldatini Play Mobil, l’autocrate del Cremlino potrebbe trovare opportuno prevenire le mosse di chi davvero dovesse poi riuscire a riamarsi (alias i tedeschi, e chi se no?) e invadere un po’ di territori di confine, Romania, Finlandia eccetera. Chi potrebbe fermarlo se non gli Usa? Ma veramente pensiamo che se Rearm Europe parte sul serio i russi stan lì buoni ad aspettare? E allora è meglio non mollare gli States, giusto?

E non basta. L’Europa, di questi tempi, in questo clima di battaglia convulso, riscrive la direttiva sullo zucchero nei bar per ripristinare le zuccheriere che aveva abolito vent’anni fa per ragioni igieniche, essendosi accorti che con le bustine monodose c’è molto più spreco, di materia prima e di carta. Avete letto bene: sta crollando il mondo, e loro discettano sulla guerra tra le bustine monodose e le zuccheriere, e si preparano a schierare le zuccheriere alla frontiera con lo Zar. Ah, e sulle automobili? Ursula, non contenta di aver tagliato le marmitte ai suoi produttori, si è limitata a congelare le multe per le emissioni in eccesso sul 2025, ma senza cancellarle: come dire, a prolungare l’agonia.

E’ chiarissimo che non ci siamo.

Quello che servirebbe sarebbe un colpo di reni di coesione vera, a livello europeo. Linea comune contro Putin, ma nel segno della mediazione, seguita dall’irrigidimento dei rapporti in un clima di rinnovata guerra fredda; evitando però di accarezzare la chimera di schienare il tiranno perché è chiaramente inverosimile. Colpo di reni di coesione economica sull’energia per negoziare insieme con i fornitori, e non in ordine sparso. Colpo di reni anche verso Trump, innalzando davvero al 64% per cento le tariffe europee sui prodotti americani.

Ma chi le prende, oggi in Europa, decisioni forti? La costruzione europea non esiste, è cartapesta burocratica, i paesi-guida cioè Francia e Germania sono politicamente friabili come castelli di sabbia. E non ci sono treni politici su cui salire, dopo il fallimento del ribaltone francese e il siluramento per via giudiziarie della La Pen, che sarà una farabutta ma ha sangue nelle vene. Quindi l’Europa non è pervenuta e non perverrà, e politicamente saremo in balia di Trump, fin quando non si farà male da solo per eccesso di colpi di clava inconcludenti, di Xi che è sempre più forte e anche di Putin, che a sentire gli stessi economisti convinti di vedere per lui solo pochi altr mesi di vita tre anni fa gliene pronosticavano al massimo sei. Asini.

Per fortuna che siamo in Italia, e nel caos siamo i migliori. Furbetti del quartierino, ma meglio degli altri.

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