“Mangia come scrivi”, il libro di cucina di Vittorio Feltri: «Pizza e spaghetti? Tutte schifezze. Altro che i pizzoccheri»
Il direttore: «Si parla solo di Puglia, Sicilia Napoli. Ma anche al Nord si mangia bene» L'articolo “Mangia come scrivi”, il libro di cucina di Vittorio Feltri: «Pizza e spaghetti? Tutte schifezze. Altro che i pizzoccheri» proviene da Open.

Vittorio Feltri ha scritto un libro. Di cucina. Lo ha scritto a quattro mani con il critico gastronomico Tommaso Farina, figlio di Renato. Si tratta di una guida a 35 ristoranti tra Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia. Dove assaggiare «l’alta cucina del Nord», come promette il sottotitolo. Il direttore parla oggi con il Corriere della Sera: «Io ragiono con la testa da giornalista. Mai nessuno ha scritto un libro sulla cucina del Nord: si parla solo di Puglia, Sicilia, Napoli. Ma anche qui c’è una cucina di livello da raccontare: giusto restituirle dignità. E dico di più. Con Farina scriveremo un altro libro, Le ricette facili del Nord . Sceglieremo i piatti assieme».
Scrivi come mangia
Nel colloquio con Isabella Fantigrossi Feltri dice che pizza e spaghetti al pomodoro, nati al Sud, sono«tutte schifezze». Mentre il simbolo della cucina italiana sono «i pizzoccheri. Sono molto buoni. Da bergamasco li ho scoperti quando il Corriere mi mandò da inviato a seguire l’alluvione in Valtellina». Lui, invece, è «un inappetente. Ho sempre mangiato cose frugali che mi servissero per il sostentamento. Sa di che cosa mi nutro ogni giorno? Un uovo a mezzogiorno e uno la sera: lo metto in un bicchiere, verso il Marsala, con una forchettina giro, infine bevo. Poi un bicchiere di latte, a pranzo e a cena. Non mangio altro, né carne né pesce». Ma non si definisce vegetariano: «C’è un motivo sanitario che mi impedisce di mangiare il pesce: il mare è pieno delle deiezioni degli 8 miliardi di persone che abitano questa terra. I pesci vivono lì dentro. Perciò evito di mangiarli».
E la carne?
Eppure: «Non mi va di ammazzare gli animali. Io li amo tutti. Anche i topi. Ne ho persino allevato uno piccolino in casa anni fa, quando lavoravo al Corriere. Finivo tardi, mia moglie mi lasciava sempre qualcosa da mangiare in sala da pranzo. Una sera alzai lo sguardo, e sulla poltrona di fronte a me trovai un topolino che mi guardava: aveva gli occhietti che sembravano capocchie di spillo, mi fece simpatia. Così sminuzzai un po’ di grana e glielo portai. Per tre mesi tutte le sere, puntuale, il topolino veniva a farmi visita. Da bambino, comunque, mangiavo quello che passava il convento, poi capii: mia nonna aveva dei coniglietti, mi piacevano molto, ma lei ogni tanto ne ammazzava uno per mangiarlo. Una cosa disgustosa. Ma c’è un altro motivo per cui non mangio molto».
I centenari mangiano poco
Ovvero: «Ho scoperto che tutti i centenari mangiano poco. Chi vive a lungo mangia solo una o due uova al giorno (nella libreria dietro la scrivania del suo ufficio c’è il volume Il metodo Cilento. I cinque segreti dei centenari, ndr). Poi bevo un paio di caffè, qualche volta faccio l’aperitivo». Ma ogni tanto va al ristorante: «È una forma conviviale che non tramonterà mai. Non importa quello che mangi. A me piace far sedere le persone a tavola. I miei appuntamenti li organizzo sempre al ristorante. Per esempio, Alberto Stasi, quello che è considerato l’assassino di Chiara Poggi e non lo è, un paio di volte al mese lo porto a “Il Baretto” di Milano. Lui può uscire dal carcere di giorno perché lavora come contabile in un’azienda. Quando accadde il fatto, ero il direttore di Libero, mi resi subito conto che con il delitto non c’entrava niente. Come andrà a finire? Intanto ormai questo ragazzo tra poco uscirà per fine pena. Certo gli piacerebbe che venisse riconosciuta la sua innocenza».
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