La sostenibilità di TRUMP ESG a rischio. «Una bolla? No, cresceranno ancora»

n colpo alle politiche sostenibili che rimette in discussione il valore degli investimenti. O almeno così potrebbe essere. A gettare benzina sul fuoco, le affermazioni del Presidente USA Donald Trump: «Ho messo fine al ridicolo e incredibilmente dispendioso Green New Deal – io lo chiamo “Green New Scam”». E se la sigla DEI (Diversity, Equity […] L'articolo La sostenibilità di TRUMP ESG a rischio. «Una bolla? No, cresceranno ancora» proviene da ilBollettino.

Mar 15, 2025 - 00:10
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La sostenibilità di TRUMP ESG a rischio. «Una bolla? No, cresceranno ancora»

n colpo alle politiche sostenibili che rimette in discussione il valore degli investimenti. O almeno così potrebbe essere. A gettare benzina sul fuoco, le affermazioni del Presidente USA Donald Trump: «Ho messo fine al ridicolo e incredibilmente dispendioso Green New Deal – io lo chiamo “Green New Scam”». E se la sigla DEI (Diversity, Equity and Inclusion) è al momento il bersaglio designato del tycoon, pare questione di tempo prima che un altro acronimo, ESG (Environmental, Social and corporate Governance), finisca nell’occhio del ciclone.

Negli Stati Uniti tutti i maggiori asset manager – da Blackrock a Vanguard e State Street – abbandonano le posizioni Green assunte negli ultimi anni a favore di un approccio più prudente. Ma c’è chi smetisce. «Gli ESG una bolla? Non credo, anzi cresceranno ancora», dice Silvio Iacomino, Responsabile dell’area Innovazione digitale, Intelligenza artificiale e Sviluppo sostenibile di ANASF (Associazione Nazionale Consulenti Finanziari) e componente del comitato esecutivo. Ma queste nuove condizioni di Mercato possono veramente minacciare il settore della finanza verde, anche da questo lato dell’Oceano?

«Il problema non è il cambiamento nelle politiche federali statunitensi, ma quello climatico: spero che tante aziende e Governi locali continuino a perseguire obiettivi di sostenibilità, con l’intento di far fronte alle conseguenze nefaste che esso comporta».

Quali sono le principali sfide che le istituzioni finanziarie italiane devono affrontare nell’integrare i criteri ESG nelle loro operazioni?

«Nonostante il vasto impianto normativo europeo, mancano ancora dati standardizzati e affidabili per valutare le performance di chi adatta operazioni e strategie aziendali ai criteri ESG e ciò, unitamente alla necessità di sensibilizzare e formare il personale e i consulenti finanziari sull’importanza di questi criteri, rappresenta una vera e propria sfida. Non bisogna dimenticare che l’integrazione dei criteri di sostenibilità richiede un investimento significativo in termini di tempo e risorse, non sempre compensato da ritorni immediati.

Questa sfida diventa ancora più complessa se si considera la necessità di monitorare costantemente l’aderenza alle disposizioni normative, il che comporta ulteriori oneri amministrativi e burocratici per tutte le aziende, non solo quelle finanziarie. Oltre a ciò, occorrono un cambiamento culturale e un impegno da parte di tutti i livelli dell’organizzazione. Tuttavia, l’adozione di tali pratiche può anche portare benefici a lungo termine, come una maggiore attrazione di investitori e capitali e una riduzione dei rischi operativi e reputazionali.

Le recenti posizioni di Trump sull’Accordo di Parigi avranno implicazioni per le aziende europee – in particolare italiane – che operano a livello internazionale e sono legate al contesto ESG?

«L’incertezza normativa globale dovuta alle posizioni di Trump cela un potenziale svantaggio competitivo per queste imprese. Ciononostante, per chi continuerà a perseguire obiettivi di sostenibilità in risposta alle aspettative degli investitori e per contribuire alla mitigazione dei rischi legati ai cambiamenti climatici, potrà esserci un forte ritorno reputazionale. Le aziende che adottano una strategia di lungo termine focalizzata sulla sostenibilità possono beneficiare di una maggiore resilienza alle fluttuazioni del PO (Purchase Order) e, soprattutto, ai rischi ambientali. Questo approccio non solo soddisfa le aspettative degli investitori, ma può anche attrarre nuovi investimenti e partnership strategiche, migliorando ulteriormente la posizione competitiva dell’azienda».

Tra Stati Uniti ed Europa si profila una divergenza di visione: quali saranno le opportunità o i rischi per gli investitori italiani interessati a investimenti sostenibili?

«Potranno beneficiare di un Mercato europeo più attento a integrare i profili di sostenibilità all’interno dei prodotti offerti e dei servizi di investimento prestati. In compenso, ci saranno da affrontare i rischi legati all’incertezza normativa già citata, oltre che alla mancanza di coerenza tra le diverse giurisdizioni, che minano alla base i nobilissimi intenti delle istituzioni europee su questi temi. Le aziende italiane, in risposta, dovranno sviluppare una capacità di adattamento e flessibilità per navigare attraverso le diverse disposizioni normative e le continue evoluzioni dei criteri ESG. Questo comporterà un impegno maggiore nella gestione dei rischi e nella ricerca di opportunità per massimizzare i benefici derivanti dall’adozione delle pratiche di sostenibilità. Alla lunga, il ritorno derivante dall’investire in aziende che fanno della sostenibilità un elemento imprescindibile del loro modo di essere e agire potrebbe più che compensare l’incertezza del breve-medio periodo».

Nonostante le possibili modifiche alle politiche federali statunitensi, molte aziende e Stati hanno continuato a perseguire obiettivi di sostenibilità durante il suo primo mandato. Si aspetta una continuazione di questo trend di leadership ESG da parte del settore privato e dei Governi locali?

«Il trend è sostenuto non soltanto dalla crescente consapevolezza dei rischi legati ai cambiamenti climatici, ma anche dalla pressione esercitata da investitori e consumatori per una maggiore responsabilità sociale e ambientale delle istituzioni economico-finanziarie e politiche. La collaborazione tra Governi locali, aziende e comunità è fondamentale per sviluppare soluzioni innovative e sarebbe un clamoroso autogol pensare di fermare questo processo. Le politiche e iniziative ambientali delle imprese, per potersi realizzare, devono essere accompagnate da un impegno concreto e continuativo, necessario per integrarle nelle loro operazioni quotidiane. L’adozione di energie rinnovabili, la riduzione delle emissioni di CO2 e la promozione dell’Economia circolare possono contribuire significativamente a migliorare la capacità di tali imprese di essere resilienti e redditizie anche nel futuro, contribuendo allo stesso tempo a mitigare gli effetti del cambiamento climatico e a costruire un domani più sostenibile per tutti».

Negli ultimi 12 mesi, solo lo 0,6% delle masse di gestito ESG è stato disinvestito, nonostante un clima internazionale non esattamente sereno. Oltre che auspicabile, è prevedibile che il Mercato possa mantenere un andamento tale?

«È crescente la consapevolezza dei benefici a lungo termine degli investimenti sostenibili. Peraltro, il Mercato potrebbe essere influenzato da fattori macroeconomici e geopolitici che rappresentano potenziali fonti di volatilità nel breve termine. Per questo, è importante che gli operatori continuino a promuovere la sostenibilità come un obiettivo primario, indipendentemente dalle fluttuazioni di breve termine. Questo atteggiamento può contribuire a consolidare la fiducia degli investitori e a garantire una maggiore stabilità nel lungo periodo. In questo senso, è utile sensibilizzare e continuare a fare comunicazione in modo sano, rendendo gli investitori consapevoli e mostrando loro i vantaggi globali che le politiche ESG sono in grado di apportare. Focalizzarsi sul breve termine è un errore che può essere evitato».

Con l’introduzione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) nell’Unione Europea, le aziende sono ora tenute a valutare sia come i fattori ESG influenzano le loro operazioni (materialità finanziaria), sia come le loro attività impattino sulla società e sull’ambiente (materialità d’impatto). Quali le opportunità e le difficoltà vede per le aziende nell’implementazione di questo principio di doppia materialità?

«La CSRD è garanzia di una maggiore trasparenza per gli investitori, che saranno incentivati a puntare su simili imprese. Al tempo stesso, apre la possibilità di identificare e gestire meglio i rischi ESG. In compenso, oneri amministrativi e costi associati alla raccolta e alla pubblicazione delle informazioni richieste per tutta la filiera di fornitori rappresentano delle difficoltà, soprattutto per le aziende più piccole. A quanto sappiamo, la Commissione è al lavoro su un pacchetto normativo (“Omnibus”) che vada proprio ad affrontare il problema alla radice.

Potrebbe includere misure volte a semplificare le procedure di rendicontazione, offrire supporto tecnico e finanziario alle piccole e medie imprese e promuovere la standardizzazione dei dati ESG a livello europeo. Un quadro normativo più chiaro e armonizzato dovrà necessariamente accompagnarsi a una maggiore collaborazione tra le autorità di regolamentazione nazionali e quelle europee, che sono tenute ad assicurare che le nuove normative siano efficaci e praticabili, senza gravare eccessivamente sulle risorse delle imprese più piccole».

Quindi gli ESG sono una bolla?

«Nonostante le molte critiche, non sempre disinteressate, l’evoluzione normativa e la crescente consapevolezza da parte di tutti gli stakeholder dei rischi legati ai cambiamenti climatici indicano che l’ESG non pare essere solo una bolla destinata a scoppiare. Finché si renderà necessario affiancare ai capitali pubblici quelli privati per finanziare la transizione ecologica dell’economia, gli investimenti ESG sono destinati a crescere e a diventare sempre più integrati nelle strategie aziendali e negli investimenti, pur con il rischio di controtendenze nel breve termine.

Tuttavia, è fondamentale che le aziende e gli investitori continuino a collaborare per affrontare le sfide legate all’integrazione di questi criteri. La trasparenza e la comunicazione saranno cruciali per costruire fiducia tra tutti gli stakeholder e garantire che gli investimenti sostenibili possano realizzare il loro pieno potenziale. Ritengo inoltre importante precisare che l’interesse crescente verso pratiche aziendali più etiche e responsabili ha spinto le stesse imprese a integrare criteri ESG nelle operazioni quotidiane, migliorando così non solamente la loro reputazione e attrattività sul Mercato, ma anche la loro efficienza. Infatti, la continua evoluzione delle tecnologie verdi e delle innovazioni sostenibili offre nuove opportunità per crescere e ridurre i costi: le aziende che investono in soluzioni di questo tipo possono beneficiare di una maggiore efficienza operativa, riduzione delle emissioni e miglioramento della resilienza contro le perturbazioni del Mercato».

Nell’ultimo trimestre del 2024, oltre 10 miliardi di euro sono confluiti in fondi che tengono conto di parametri ESG in Europa, confermando un incremento rispetto al secondo trimestre dello stesso anno. Quali fattori hanno contribuito a questa crescita?

«Una maggiore consapevolezza di cittadini e istituzioni dei rischi legati ai cambiamenti climatici, l’evoluzione normativa in ambito finanziario mirata a incentivare gli investimenti sostenibili – evitando di aggravare gli oneri per le imprese e minarne così la competitività a livello internazionale – e la crescente domanda da parte degli investitori per prodotti finanziari ESG. Per quanto riguarda il futuro del Mercato, la collaborazione tra enti pubblici, privati e organizzazioni non governative sarà essenziale per sviluppare politiche e iniziative che promuovano la sostenibilità e incentivino gli investimenti. La creazione di partenariati strategici può contribuire a superare le sfide normative e stimolare l’investimento in questi prodotti a livello globale».

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