La Milano del fare? Tutte chiacchiere e distintivo
Il modello meneghino ormai è quello di una città che si è immobilizzata da tempo a causa del sovradimensionamento dei poteri politici L'articolo La Milano del fare? Tutte chiacchiere e distintivo proviene da Economy Magazine.

Il decreto salva Milano o salva Sala… per essere “un” solo decreto ha una quantità di significati impressionante. Mostra innanzitutto quale economia ottusa e inceppata ha ormai la città, concentrata nel solito real estate: oltre tot cantieri bloccati, oltre tot cantieri che non vengono aperti in attesa di chiarimenti… E qui emerge il secondo significato: la colpa è di quei soliti cattivoni dei magistrati che bloccano tutto, dando evidenza penale a come ordinariamente si procede nel fare affari a discapito degli interessi comuni…
Il terzo significato poi è politico e va oltre Milano: il processo d’approvazione passa attraverso un accordo trasversale destra / sinistra. E se è molto chiaro il successo tattico della destra, lo è molto meno quello della sinistra e del Pd che, facendo un evidente patto con il diavolo, sembra alimentare interessi molto poco comuni e sicuramente particolaristici.
Ma il segnale più grave è quello meno diretto. È la testimonianza dell’assenza di una politica di sviluppo qualsiasi nella città motore dell’economia, che si blocca per anni su cantieri che non aprono, che non parla di niente se non di questo, mentre tutto ciò che è citta degrada: l’urbanistica, i servizi – a cominciare da quelli per i soggetti deboli – la sicurezza, l’ambiente, il traffico etc… e questa dei cantieri del decreto salva Milano sarebbe una smart city? Al di là del sovrapprezzo politico?
In questo bisogna essere “oggettivi “ e riflettere sul fatto che il non-sviluppo di Milano con i suoi cantieri è rappresentativo del non-sviluppo del sistema delle grandi città, che ormai si bloccano proprio su cantieri perenni, e basta vedere anche a Roma come i sindaci ci tengano tanto e li presidino.
Forse le tanto magnificate (e non realizzate) città metropolitane non sono più il perno di niente… La non-creazione delle città metropolitane ha creato un vulnus amministrativo di cui vediamo ora gli effetti: sovradimensionamento delle responsabilità dei Comuni ed effetti sempre più incontrollabili sul piano di interessi e poteri lobbistici.
Se andiamo altrove, infatti, nelle città medie e medio-piccole, gli sviluppi ci sono, e i cantieri ne sono solo una parte, e sono in gran parte aperti e realizzati. Tanto per fare qualche nome: Piacenza, Pistoia, Verona, Bergamo, Brescia, Lecce, Bologna etc. Pezzi interi di città riqualificati, sviluppo e sostegno alle imprese manifatturiere, ai centri di ricerca, alle strutture culturali, a quelle sportive, a quelle sanitarie. Si sfruttano magari (e questa è una capacità di amministrazioni intelligenti e agili) i fondi del Pnrr come base di partenza, si costruiscono velocemente economie di piano in modelli sostenibili, si creano accordi pubblico privato con il sostegno di banche ed enti finanziari locali… e si creano conseguentemente economie di impatto ad alto valore: occupazione da una parte e benessere per le comunità dall’altra. E parliamo, mettendolo insieme a pezzi, di quasi il 50 % dei territori nazionali.
I tempi sono veloci, come è il caso di Piacenza o Pistoia, dove in 5 anni partono cantieri, dopo una veloce attività di progettazione, che riqualificano o trasformano pezzi di territorio con derivate (altro che real-estate) di imprese e servizi. Il modello di una città che si è immobilizzata da tempo riguarda il fatto che la dimensione delle chiacchiere, in questo sovradimensionamento dei poteri politici ammistrativi, da tempo sostituisce quella del fare: ed è grottesco per una città con la mitologia del fare come Milano.
Si parla per anni dello stadio San Siro nuovo e non succede niente, si parla di nuove case per i più disagiati e non succede niente, si parla di cantieri fermi da anni e non succede niente, anzi si aspetta già da mesi un decreto nazionale. Certo, le città grandi come Milano sono complesse, le mediazioni sono tante, gli scambi ancora di più, gli interessi figuriamoci. Ma intanto il tempo passa, la città declina e la visione, cioè quello che vogliamo diventare, il futuro possibile, si nasconde fra un cantiere e un decreto… che fanno altri.
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