Farmacie, speziali e veleni protagonisti del Medioevo
“Arsenico e altri veleni. Una storia letale nel Medioevo” di Beatrice Del Bo letto da Tullio Fazzolari

“Arsenico e altri veleni. Una storia letale nel Medioevo” di Beatrice Del Bo letto da Tullio Fazzolari
Più che la spada dei nemici duchi e conti del Medioevo dovevano temere il proprio piatto preferito. A un lombo di maiale o a una minestra di fagioli cortigiani infedeli o parenti invidiosi aggiungevano quel tanto di veleno che bastava a uccidere l’odiato personaggio. Secondo alcune ricostruzioni sarebbero morti così addirittura undici pontefici o forse dodici contando anche Alessandro VI Borgia. Ma l’utilizzo del veleno per sbarazzarsi dei propri avversari non era affatto un’esclusiva delle élite al potere. Al contrario, era pratica diffusa anche tra i borghesi e i popolani. Beatrice Del Bo con “Arsenico e altri veleni. Una storia letale nel Medioevo” (Il Mulino, 304 pagine, 17 euro) riesce a raccontare in maniera avvincente e inedita un’intera epoca. Le vicende descritte nel libro sono un po’ come i cold case del genere poliziesco. Ma la trama non è fatta soltanto di efferati delitti.
Al centro di tutto c’è l’arsenico, veleno assai comune nel Medioevo. Però non è solo uno strumento di morte al servizio di menti criminali. Viene usato per le trappole per topi. O come componente per ottenere vernici o prodotti cosmetici per tingere i capelli di biondo o di rosso e, secondo l’opinabile parere di un medico arabo di Toledo, perfino per depilare le ascelle.
Ed è subito evidente che tutto ha inizio nelle farmacie del tempo. Le botteghe degli speziali sono il luogo dove si preparano medicinali e un’infinità di altre cose compresi i veleni. Ma sono anche un punto di ritrovo quasi quanto le taverne o i mercati. Donatello è cliente abitudinario di una bottega di Padova. La spezieria della famiglia Turconi a Verona è praticamente un’istituzione. E ovviamente tra i farmaci e gli sciroppi sugli scaffali c’è pure qualche veleno. Senza responsabilità dei Turconi, nulla di meglio per suggerire a Shakespeare come decidono di morire Giulietta e Romeo.
Ma “Arsenico e altri veleni”, grazie a un imponente lavoro di ricerca storica di Beatrice Del Bo, documenta delitti realmente accaduti. Tra i tanti che si potrebbero citare c’è l’uxoricidio commesso a Milano nel 1385 dalla signora Ambrogina che manda tale Fiorella ad acquistare l’arsenico che le serve per uccidere il marito Filippolo di Garbagnate. L’assassinio viene scoperto ed emergono altri dettagli singolari. Il farmacista che vende l’arsenico chiede a Fiorella una dichiarazione giurata su quale sarà l’uso dell’arsenico e maldestramente non si accorge che gli viene detto solo a chi è destinato. E forse a causa di vicende simili è nata la convinzione che il veleno sia stato usato soprattutto dalle donne.
Per secoli s’è insistito sulla triste fama di Lucrezia Borgia salvo poi scoprire che certo la sua famiglia era quel che si sa ma lei forse non era così perfida come l’hanno dipinta. E come sempre le distinzioni di genere funzionano a un certo punto. La realtà è che le donne avevano qualche difficoltà a usare il pugnale ma gli uomini usavano pugnale e veleno. Poi oggi, per distruggere qualcuno, non serve nessuno dei due. Basta internet. Sicuramente è meno cruento ma non è meno crudele.