Come prepararsi alla Direttiva sulla parità retributiva e la trasparenza salariale
Antonella Del Greco, avvocato DLA Piper, analizza i nuovi obblighi per i datori di lavoro imposti dalla Direttiva UE 2023/970 contro il divario salariale.

La Direttiva UE 2023/970 introduce nuovi obblighi per i datori di lavoro, con l’obiettivo di promuovere una maggiore trasparenza nelle politiche retributive e ridurre il persistente divario salariale di genere che ancora oggi contraddistingue il mondo del lavoro.
Sebbene gli Stati membri abbiano tempo fino al 7 giugno 2026 per recepire la Direttiva, le imprese dovrebbero iniziare subito a prepararsi, poiché gli obblighi che saranno introdotti sono complessi e richiedono tempo per essere implementati correttamente.
È quindi fondamentale che le aziende rivedano i propri processi interni e adottino nuove strategie sia nella selezione che nella gestione del personale, in modo da essere pronte quando la normativa entrerà in vigore.
Recruiting: i nuovi adempimenti per le imprese
Quali sono i principali obblighi che i datori di lavoro, sia pubblici che privati, dovranno rispettare?
I datori di lavoro dovranno garantire che i processi di selezione siano fondati, innanzitutto, sul principio di trasparenza. Ciò significa che dovranno comunicare ai candidati il range retributivo previsto per la posizione offerta e, se del caso, dettagli sul contratto collettivo applicato in relazione alla posizione; al contempo, ai candidati non potranno più essere chieste informazioni sulla retribuzione attuale o passata, come spesso oggi accade.
Si tratta di un cambiamento significativo, che consentirà di instaurare trattative più eque, incentrate esclusivamente sul valore della posizione e sulle politiche retributive aziendali, senza essere influenzate dalle retribuzioni pregresse del candidato.
Capita frequentemente che le offerte economiche vengano formulate al ribasso quando il candidato dichiara di percepire una retribuzione inferiore rispetto alle aspettative dell’azienda, o che si tenda a escludere profili qualificati perché ritenuti “troppo costosi”, senza valutare adeguatamente il reale valore del ruolo e delle competenze richieste. Questo meccanismo ha contribuito, nel tempo, a consolidare le disparità salariali, penalizzando in particolare categorie storicamente svantaggiate, come le donne, che spesso partono con stipendi più bassi rispetto ai colleghi uomini.
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Eliminando il riferimento alle retribuzioni passate, la Direttiva mira a spezzare questo circolo vizioso, garantendo che il trattamento economico sia determinato unicamente sulla base del valore del lavoro e dei criteri retributivi adottati dall’azienda, in modo equo, trasparente e non discriminatorio.
Inoltre, i processi di selezione dovranno essere svolti in modo neutro ed evitare qualsiasi discriminazione basata sul genere, a partire dalla redazione degli annunci di lavoro fino allo svolgimento in concreto dei colloqui di selezione.
Trasparenza salariale a tutto tondo
Il principio di trasparenza salariale non si ferma alla fase di selezione, ma si estende all’intero rapporto di lavoro. Anche dopo l’assunzione, i lavoratori avranno diritto a una maggiore trasparenza sui criteri retributivi e sulle modalità di progressione di carriera.
Le aziende dovranno adottare parametri oggettivi per determinare retribuzioni (fisse e variabili), aumenti e promozioni, fornendo ai dipendenti informazioni chiare su come vengono stabiliti i livelli retributivi e, in particolare, su quanto corrispondono alle donne e agli uomini per un lavoro di pari valore.
I rappresentanti dei lavoratori avranno la possibilità di accedere a dati aggregati sugli stipendi all’interno dell’azienda, così da monitorare eventuali discrepanze. Inoltre, le imprese con più di 250 dipendenti saranno tenute a redigere periodicamente report dettagliati sul divario retributivo di genere, per garantire un monitoraggio costante della situazione.
Se dai dati aziendali dovesse emergere un gender pay gap superiore al 5% e questo non fosse giustificato da criteri oggettivi, il datore di lavoro sarà obbligato a intervenire. In questi casi, dovrà essere avviata una valutazione congiunta con i rappresentanti dei lavoratori per individuare le cause della disparità e adottare le necessarie misure correttive.
Dunque, un principio fondamentale introdotto dalla Direttiva è quello della parità retributiva per lavori di “pari valore”. Non si tratta semplicemente di garantire lo stesso stipendio a chi svolge lo stesso lavoro, ma di assicurare un trattamento equo anche tra lavoratori che svolgono mansioni diverse, purché richiedano competenze, responsabilità e condizioni lavorative simili. Questo approccio mira a eliminare disparità salariali ingiustificate e a garantire che uomini e donne ricevano una retribuzione adeguata rispetto al valore effettivo del lavoro svolto.
Nuovi modelli da adottare in azienda
Stabilire quando due ruoli possano essere considerati di pari valore non è sempre semplice, poiché ogni azienda ha strutture organizzative e politiche retributive diverse.
Molte aziende, soprattutto le multinazionali, adottano già sistemi di classificazione interni, basati su esperienze, capacità, responsabilità e ruoli, ma questo non sarà sufficiente a garantire il rispetto della Direttiva poiché spesso tali sistemi non sono del tutto neutri e possono contenere bias impliciti che favoriscono alcune categorie di lavoratori rispetto ad altre.
Uno degli aspetti più complessi sarà proprio la definizione o revisione di modelli di classificazione professionale, che dovranno essere strutturati in modo da eliminare eventuali disparità basate sul genere e basato su criteri chiari, coerenti e applicati in modo uniforme a tutti i dipendenti.
Consigli pratici per mettersi in regola
Quali passi possono essere intrapresi fin da subito per non farsi trovare impreparati?
Il primo passo per adeguarsi alla Direttiva è condurre già da ora un’attività di audit e monitoraggio sulla parità salariale all’interno della propria organizzazione aziendale. L’analisi dovrà esaminare non solo gli stipendi, ma l’intero pacchetto retributivo, comprese eventuali componenti accessorie.
Una volta completata l’analisi dei dati, sarà possibile individuare eventuali disparità salariali e pianificare un piano d’azione per eliminarle o, se necessario, giustificarne l’esistenza con criteri oggettivi. Sarà inoltre utile stabilire parametri equi e trasparenti per la gestione delle progressioni salariali interne, al fine di prevenire future discrepanze, attraverso l’adozione di nuove policy o la revisione di quelle esistenti.
Selezioni a norma
Parallelamente, le aziende dovrebbero già da ora rivedere i propri processi di selezione e apportare eventuali modifiche, se necessarie.
Potrebbe essere utile prevedere attività formative per chi si occupa di selezione del personale. I corsi dovranno fornire linee guida chiare sulle nuove regole di trasparenza salariale, sull’importanza di processi di selezione imparziali e sulla gestione delle trattative retributive in modo equo e conforme alla normativa. Parallelamente, le aziende potrebbero avvalersi del supporto di società di ricerca e selezione del personale per condurre studi di settore, così da verificare la correttezza dei range retributivi previsti per le posizioni da coprire in futuro.
Procedure su misura
Per garantire la trasparenza salariale nel corso del rapporto di lavoro ed essere pronti a rispondere alle richieste di informazioni che potranno arrivare dai dipendenti, dai loro rappresentanti o da organismi paritari, i datori di lavoro possono iniziare a predisporre delle procedure interne per la gestione di tali richieste definendo:
- un canale ufficiale a cui andranno inviate;
- un sistema di raccolta e analisi dei dati retributivi per garantire risposte rapide e conformi;
- uno standard di lettera di risposta per la condivisione di tali informazioni.
Disporre di una procedura operativa già attiva al momento dell’entrata in vigore degli obblighi consentirà alle aziende di rispettare i tempi stringenti imposti dalla direttiva, pari a 60 giorni.
Aumenti legati alle performance
Le imprese potrebbero formalizzare o rivedere gli attuali criteri di valutazione per le promozioni e gli aumenti retributivi, assicurando che siano oggettivi e neutrali, in modo da prevenire discriminazioni di genere o basate su altri fattori non legati alla performance e preparando standard di comunicazioni da inviare regolarmente ai dipendenti per rendere note le politiche di avanzamento di carriera.
Le aziende soggette agli obblighi di rendicontazione potrebbero iniziare a sviluppare un modello standardizzato per la raccolta e l’analisi dei dati salariali, semplificando così la redazione dei report richiesti. Inoltre, sarebbe utile definire in anticipo le modalità di pubblicazione, ad esempio attraverso il sito web aziendale o altri canali interni, garantendo trasparenza e accessibilità delle informazioni.
Relazioni sindacali efficienti
In parallelo, sarebbe fondamentale preparare adeguatamente gli interlocutori aziendali per la gestione delle relazioni con i rappresentanti sindacali, considerando non solo gli obblighi informativi, ma anche quelli di valutazione congiunta e di cooperazione. Ciò implica la definizione di procedure interne che facilitino il processo di comunicazione con i sindacati, stabilendo canali ufficiali e modalità di interazione regolari.
In questo modo, le aziende non solo potranno adempiere ai requisiti normativi, ma contribuiranno anche a favorire una cultura di collaborazione e fiducia con i rappresentanti dei lavoratori in modo da ridurre il rischio di conflitti e aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento nelle politiche aziendali riguardanti la parità salariale.
Le sanzioni per le aziende non conformi
Le sanzioni per il mancato rispetto di questi obblighi potranno essere significative. In particolare, la Direttiva prevede che le autorità competenti degli Stati membri possano imporre multe o altre misure correttive alle aziende che non adempiono agli obblighi di trasparenza salariale.
Inoltre, la mancanza di trasparenza potrebbe comportare danni reputazionali per le aziende, influendo negativamente sulla loro attrattiva per i talenti e sulle relazioni con i propri dipendenti. In caso di violazione dell’obbligo di parità retributiva, poi, la persona interessata avrà diritto a ricevere gli arretrati e a un risarcimento per la perdita di opportunità. Naturalmente, ogni Stato membro potrà recepire la Direttiva così com’è o introdurre norme ancora più rigorose.
Anticipare un processo di analisi interna e l’adozione di procedure coerenti con la Direttiva consentirà alle aziende di affrontare con maggiore sicurezza i futuri obblighi e di trasformare il cambiamento normativo in un’opportunità per migliorare la cultura aziendale, attrarre talenti e rafforzare la propria reputazione di datore di lavoro equo e trasparente.